Psicopatologia dello sviluppo, rischio di disturbi mentali da adulti
Il campo della psicopatologia dello sviluppo è di notevole interesse in quanto sta avendo un enorme impatto sulla comprensione dei disturbi mentali e comportamentali dell’individuo in età adulta.
L’esposizione a stress precoce nei bambini, determinati contesti sociali o biologici, eventi o circostanze impreviste vengono considerati fattori alla base di risposte disadattive e di problemi di salute nei giovani.
I bambini tendono generalmente a sviluppare delle capacità che consentono loro di affrontare efficacemente le sfide quotidiane e tutto ciò che li conduce a fallimenti sviluppando gradualmente abilità di adattamento.
Le ricerche effettuate sulla neurobiologia dell’apprendimento possono rappresentare un elemento importante per capire come l’ambiente regola il comportamento umano.
I processi di apprendimento diventano nei bambini sempre più complessi, dipendendo dai sistemi neuroanatomici che si sviluppano e dalla complessa quantità di informazioni ambientali che aumentano negli anni durante lo sviluppo.
Come tali meccanismi sono modellati dal contesto sociale?
Perché gli ambienti sociali negativi rappresentano un rischio per la salute mentale dei bambini in fase adulta? (Pollak, 2015).
Per rispondere a queste domande bisogna considerare prima di tutto che esistono degli indicatori premorbosi di rischio per lo sviluppo di disturbi mentali, come ad esempio quelli dello spettro schizofrenico ed i disturbi affettivi. Conoscerli è molto utile per effettuare interventi preventivi mirati attraverso la collaborazione con gli specialisti in neuropsichiatria infantile.
Una ricerca sistematica ha individuato alcuni fattori di rischio per lo sviluppo di tali disturbi mentali confrontando tali disturbi infantili con le diagnosi psichiatriche in età adulta. Di 1775 studi considerati per la ricerca, 127 hanno fornito dati utili per la revisione sistematica. Gli individui che sviluppavano disturbi dello spettro schizofrenico e affettivi in età adulta presentavano anche deficit di sviluppo premorboso in età prenatale, neonatale, infantile e adolescenziale.
I fattori di rischio
I fattori di rischio più significativi sono stati considerati i seguenti: complicanze ostetriche, malattia materna durante la gravidanza (specialmente infezioni), altri fattori fisici materni, ambiente emotivo familiare negativo, sintomi psicotici, disfunzioni cognitive e motorie nel bambino (Laurens et al., 2015).
La depressione è una patologia diffusa nei genitori e nei bambini. I figli di genitori depressi sono a rischio di sviluppare disturbi psicopatologici e altre difficoltà. Questo non significa che lo sviluppo della patologia nei figli avverrà con certezza assoluta ma che sarebbero opportune attività di prevenzione destinate ai bambini di genitori depressi. Tuttavia sono stati condotti pochi studi di prevenzione della depressione in bambini ed adolescenti. Gli interventi di prevenzione andrebbero effettuati nella fascia di età a più alto rischio di insorgenza di depressione (ad esempio l’adolescenza). L’approccio deve basarsi sulla famiglia cercando di ridurre i fattori di rischio e rafforzare i fattori protettivi, aumentando così le interazioni positive tra genitori e figli e la comprensione della patologia per tutta la famiglia. Gli interventi di prevenzione possono fornire informazioni agli adolescenti sui disturbi dell’umore, dotare i genitori delle competenze necessarie per comunicare informazioni ai propri figli ed aprire un dialogo con i loro bambini circa gli effetti della patologia depressiva dei genitori.
Uno studio di efficacia condotto su larga scala ha ideato due programmi di prevenzione basati su manuali utilizzati nell’ambito della sanità pubblica. Si tratta del primo ed unico studio longitudinale di prevenzione primaria di bambini relativamente sani con rischio per psicopatologia attribuibile ad un disturbo dell’umore genitoriale. Gli interventi dello studio si rivolgevano a bambini relativamente sani (età compresa tra gli 8 ed i 15 anni) che avevano genitori affetti da disturbi dell’umore. 93 famiglie, comprendenti 121 bambini, hanno partecipato a questo studio.
Il primo programma di prevenzione consisteva in 2 incontri genitoriali di gruppo separati senza bambini presenti. Il secondo programma di prevenzione era costituito da un numero variabile da 6 a 11 sessioni, delle quali 2 incontri di gruppo separati (uno con i genitori ed uno con i bambini) seguiti da una riunione completa della famiglia durante la quale i genitori hanno discusso della malattia e/o delle misure positive che possono essere adottate per promuovere un sano funzionamento nei figli. Contatti telefonici o incontri di aggiornamento sono stati condotti in entrambe le condizioni ad intervalli regolari dai 6 ai 9 mesi. In entrambe le condizioni, inoltre, è stato presentato materiale psicoeducativo sui disturbi dell’umore. Sono stati attuati, inoltre, interventi per diminuire il senso di colpa nei genitori e nei bambini. I genitori sono stati aiutati a motivare i loro figli, incoraggiando le loro amicizie, il loro successo al di fuori della famiglia e la loro comprensione della malattia dei genitori e di loro stessi. Nella seconda condizione si è cercato di mettere in relazione il materiale psicoeducativo presentato alla propria esperienza personale di malattia all’interno della famiglia. Tutti i membri della famiglia in entrambe le condizioni sono stati valutati per psicopatologia e funzionamento generale prima del programma di prevenzione; per psicopatologia, funzionamento, risposta all’intervento (immediatamente post-intervento, ad un anno e a circa 2,5 anni post-intervento).
Dai risultati sono emersi nei genitori, in entrambe le condizioni, significativi cambiamenti nei comportamenti e negli atteggiamenti verso i figli. Nel secondo programma di prevenzione rispetto al primo sono stati segnalati più cambiamenti di comportamenti ed atteggiamenti riguardanti i bambini. I bambini, inoltre, in entrambe le condizioni hanno registrato un aumento della comprensione della malattia dei genitori. I genitori che erano cambiati maggiormente in risposta all’intervento hanno valutato un maggior cambiamento anche nei loro figli. Le donne mostravano maggiori cambiamenti rispetto agli uomini. Tali risultati sembravano, però, diminuire con il passare del tempo.
Questo studio ha permesso di dimostrare una significativa riduzione dei fattori di rischio ed un aumento di fattori protettivi nelle famiglie a rischio di disturbi depressivi. Cambiamenti di comportamento e di atteggiamento dei genitori associati a cambiamenti nei bambini nella comprensione della malattia permetterebbero di ottenere un’ importante variabile di mediazione della psicopatologia: il cambiamento di tutta la famiglia. (Beardslee et al., 2003).
Riferimenti bibliografici:
Beardslee WR et al (2003). A family-based approach to the prevention of depressive symptoms in children at risk: evidence of parental and child change.Pediatrics. 112(2): e119-31.
Pollak SD (2015). Developmental psychopathology: recent advances and future challenges.World Psychiatry. 14(3): 262-9.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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