Psicoterapia per la dipendenza affettiva ed il disturbo di personalità
Come scegliere la psicoterapia adatta alla cura della dipendenza affettiva e del disturbo dipendente di personalità.
Per dipendenza affettiva si intende una condizione, probabilmente dovuta ad un attaccamento insicuro, durante la quale viene richiesta continuamente la vicinanza di altre persone significative a causa dello sviluppo, a partire dall’adolescenza, di una bassa autostima e di un costante bisogno di rassicurazione.
I fattori di rischio
Fattori di rischio familiari quali l’iperprotettività o l’autorità delle figure genitoriali, amplificate dalla presenza di fattori traumatici, culturali e socio-ambientali possono contribuire allo sviluppo di una personalità dipendente.
I circuiti neurali coinvolti in questo disturbo sarebbero quelli prefrontali-limbici. La personalità dipendente troverebbe anche correlazioni con episodi di violenza domestica e altre dipendenze (come quelle da sostanze stupefacenti o alcol).
Obiettivo della terapia
L’obiettivo della terapia si basa proprio sul risollevamento dell’autostima e sul raggiungimento dell’autonomia (Scatamburlo et al., 2013).
Il disturbo dipendente di personalità
Il disturbo dipendente di personalità è un modello di esperienza interiore e comportamento caratterizzato dal bisogno continuativo di cure e rassicurazioni, accompagnato da una intensa paura di abbandono o separazione da parte di persone importanti della propria vita. Questo porta gli individui affetti da questo disturbo a mettere in atto comportamenti dipendenti e sottomessi finalizzati a suscitare attenzione e cura da parte degli altri.
Gli individui con personalità dipendente tenderebbero a sminuire le proprie capacità e risorse, considerandosi poco validi e arrivando a considerare le critiche o la disapprovazione degli altri come prove della propria inutilità. Quando vengono richieste iniziative indipendenti dagli altri anche il funzionamento lavorativo può essere compromesso: si arriverebbero a rifiutare posizioni di responsabilità sperimentando ansia di fronte a decisioni da dover prendere in piena autonomia. Le relazioni sociali tendono ad essere limitate alle persone dalle quali l’individuo è dipendente. La presenza di disturbi d’ansia durante l’infanzia e in adolescenza può predisporre allo sviluppo di questo disturbo di personalità. Proprio per il timore di ritrovarsi a prendere decisioni, da soli, in piena autonomia, gli individui affetti da disturbo dipendente di personalità cercano urgentemente una nuova relazione, come fonte di supporto, quando viene meno il sostegno fino ad allora ottenuto tramite un rapporto affettivo precedente (American Psychiatric Association, 2014).
Lo scopo di una ricerca è stato quello di verificare se la personalità dipendente possa spiegare la forte relazione esistente tra ansia da separazione ed altri tre disturbi d’ansia (agorafobia, disturbo di panico e disturbo d’ansia sociale) negli individui affetti da disturbo ossessivo-compulsivo.
I risultati suggerirebbero che nei pazienti affetti da disturbo ossessivo-compulsivo l’insorgenza di un disturbo d’ansia da separazione durante l’infanzia e degli altri disturbi d’ansia sopracitati in età adulta possono essere dovute proprio alla progressiva strutturazione di una personalità dipendente. Non è nota la presenza di risultati simili in un campione di pazienti non ossessivi (Mroczkowski et al., 2016).
I tratti di personalità dipendente sono comuni nella popolazione generale soprattutto nei soggetti con preoccupazioni ipocondriache. Uno studio ha esaminato l’impatto di questi tratti nel trattamento psicoterapeutico di quello che, nel manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali (DSM-5), viene chiamato disturbo d’ansia di malattia.
Per verificare se tali tratti di personalità possano contribuire a determinare, nel corso di 5 anni, l’esito di una forma di psicoterapia cognitivo-comportamentale, adattata per i soggetti con ansia per la propria salute, è stato somministrato, con cadenza annuale, un questionario di personalità dipendente a 444 pazienti affetti da disturbo d’ansia di malattia. La disfunzione “personalità dipendente” è stata valutata utilizzando quattro gruppi di gravità.
Dai risultati i pazienti con disturbo dipendente di personalità lieve e moderato trattati con la psicoterapia cognitivo-comportamentale hanno mostrato una maggiore riduzione nei punteggi di ansia per la propria salute rispetto alle cure farmacologiche tradizionali mentre i pazienti che non avevano i tratti dipendenti hanno mostrato un minimo vantaggio sull’esito della psicoterapia. I pazienti con tratti dipendenti superiori, inoltre, hanno ricevuto un numero significativamente maggiore di sedute di trattamento (media di 8,6 sedute) rispetto a quelli con scarsa presenza di tratti dipendenti (media di 5,4 sedute).
I risultati suggeriscono che i pazienti trattati con la psicoterapia cognitivo-comportamentale per il disturbo d’ansia di malattia aderirebbero e risponderebbero meglio al trattamento se affetti da un disturbo di personalità dipendente. Le ragioni di questi risultati possono essere dovute proprio ad una migliore aderenza alla psicoterapia da parte di tali pazienti (Tyrer et al., 2016).
Un’altra ricerca, invece, riporta risultati contrastanti alla precedente. In questo studio sono stati reclutati 381 pazienti che presentavano alcuni tratti di personalità. Tra questi 184 individui raggiungevano nella classificazione internazionale dei disturbi mentali (ICD-11) i criteri per disturbo di personalità.
I pazienti con disturbo d’ansia di malattia e nessuna disfunzione di personalità non hanno mostrato differenze nell’efficacia del trattamento o nell’incremento della funzione sociale tra la psicoterapia e la terapia farmacologica mentre tutti gli altri gruppi di soggetti hanno mostrato un miglioramento maggiore tramite il trattamento di psicoterapia mantenuto per 2 anni. Minor beneficio dalla psicoterapia è stato mostrato da parte dei pazienti con un disturbo grave di personalità.
I risultati di questa ricerca, pertanto, contraddicono l’ipotesi che la presenza di un disturbo di personalità possa migliorare la risposta alla psicoterapia cognitivo-comportamentale dei pazienti con disturbo d’ansia di malattia, almeno nel breve e medio periodo (Sanatinia et al., 2016).
In una revisione sistematica di tutte le ricerche pubblicate sulla dipendenza affettiva nel disturbo dipendente di personalità nel 2005 solo otto studi hanno valutato gli effetti delle varie forme di psicoterapia con questa indicazione.
L’obiettivo della terapia di questo disturbo non è quello di ridare al paziente un’autonomia completa a tutti i costi ma conferirgli una forma di indipendenza adattata al proprio contesto e stile di vita.
Prima di iniziare una terapia è fondamentale valutare in maniera approfondita il tipo di dipendenza del paziente comprendendo: se si tratta di una dipendenza patologica, se la sofferenza del paziente è secondaria al disturbo di personalità o alla mancanza di sostegno da parte dei familiari, se si tratta di una dipendenza primaria o secondaria al disturbo di personalità, quale sarebbe il tipo di reazione del paziente suggerendo l’ipotesi di una dipendenza da parte degli altri. A tal fine è necessario studiare attentamente la storia del paziente e l’andamento del disturbo nel tempo.
La valutazione del tipo di dipendenza permette allo specialista di consigliare al paziente l’approccio terapeutico più adeguato alla condizione da trattare.
La dipendenza primaria, infatti, esordisce generalmente durante l’infanzia o adolescenza precedendo altri disturbi psichici. La dipendenza secondaria, invece, segue altri disturbi psichici ed eventi della vita che abbassano l’autostima (come i disturbi depressivi).
Tra le varie forme di psicoterapia si possono citare le psicoterapie di ispirazione analitica le quali tendono a riprodurre una relazione terapeutica che evoca in modo esplicito il transfert infantile del paziente. La psicoterapia cognitivo-comportamentale, invece, aiuta il paziente ad individuare i contenuti cognitivi ed emotivi che sono alla base della dipendenza portandolo a modificare il proprio modo di vedere il mondo, rendendolo più autonomo. Le psicoterapie umaniste hanno come obiettivo quello di instaurare una relazione terapeutica di accettazione e rispetto dove il paziente può far crescere l’autostima trovando gradualmente l’autonomia. La psicoterapia breve strategica sistemica permette al paziente di sviluppare strumenti per deviare dal rapporto di dipendenza a relazioni di autonomia modificando le proprie credenze. Il raggiungimento di questo obiettivo può permettergli di ripristinare l’autostima in modo implicito o esplicito.
In tutti gli approcci terapeutici comunque la dipendenza primaria viene affrontata focalizzando la psicoterapia sulla crescita dell’autostima del paziente mentre la dipendenza secondaria proponendosi, come obiettivi da raggiungere, l’adattamento all’evento scatenante ed il trattamento del disturbo psichico associato, conducendo al graduale ripristino dell’autonomia perduta (Versaevel, 2012).
Riferimenti bibliografici:
American Psychiatric Association (2014). Mini DSM-5, criteri diagnostici, edizione italiana, Raffaello Cortina Editore.
Mroczkowski MM et al (2016). Dependent personality, separation anxiety disorder and other anxiety disorders in OCD. Personal Ment Health. 10(1): 22-8.
Scantamburlo G et al (2013). [Affective dependency]. Rev Med Liege. 68(5-6): 340-7.
Tyrer P et al (2016). Dimensions of dependence and their influence on the outcome of cognitive behaviour therapy for health anxiety: randomized controlled trial. Personal Ment Health. 10(2): 96-105.
Versaevel C(2012). [Dependent patient and interpersonal dependency: psychotherapeutic strategies]. Encephale. 38(2): 170-8.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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