Uso della paroxetina nel trattamento del disturbo di panico
La paroxetina è un farmaco appartenente alla classe degli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI). La sua attività più conosciuta, quindi, è quella di incrementare la concentrazione della serotonina negli spazi sinaptici.
I pazienti con disturbo di panico presenterebbero un deficit di tale neurotrasmettitore negli spazi sinaptici associato generalmente ad un incremento dei livelli di catecolamine plasmatiche (adrenalina, noradrenalina, dopamina), dovuto ad un iperfunzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Tale asse si attiva fisiologicamente in condizioni di stress.
Uno studio ha esaminato i livelli di catecolamine basali e dopo il trattamento con paroxetina in pazienti con disturbo di panico ovvero con attacchi di panico ricorrenti ed alterazioni comportamentali conseguenti agli attacchi di panico. Un totale di 29 pazienti con disturbo di panico e 23 controlli sani hanno partecipato a questo studio, ricevendo un trattamento con paroxetina per 12 settimane e sottoponendosi successivamente a test clinici. L’adrenalina e la dopamina plasmatica basale dei pazienti con disturbo di panico risultavano significativamente più elevati rispetto a quelli del gruppo di controllo. I livelli basali di noradrenalina plasmatica, invece, non hanno mostrato differenze statisticamente significative tra pazienti e controlli. Dopo la terapia farmacologica con paroxetina i livelli di catecolamine nel plasma sono risultate significativamente ridotte ed anche i livelli di noradrenalina hanno mostrato una tendenza verso la riduzione che, però, non ha raggiunto la significatività. Lo studio suggerisce la possibilità nei pazienti con disturbo di panico di un aumento basale dei livelli plasmatici di catecolamine e di un’attivazione del sistema nervoso simpatico che si possono normalizzare dopo trattamento con paroxetina (Oh et al., 2015).
Secondo recenti studi la prevalenza dell’agorafobia, spesso associata al disturbo di panico, risulterebbe significativamente più alta nei soggetti con sintomi respiratori rispetto ai soggetti che non presentano questi sintomi. Dopo la farmacoterapia il gruppo di soggetti con sintomi respiratori mostrerebbe un miglioramento più importante dei sintomi di panico rispetto al “gruppo non-respiratorio”. I soggetti con sintomi di panico respiratori, infatti, avrebbero presentazioni cliniche più gravi ma anche una maggiore risposta al trattamento con farmaci SSRI rispetto a quelli con il sottotipo di disturbo di panico non-respiratorio. Una nuova classificazione del disturbo di panico come sottotipo respiratorio e non-respiratorio potrebbe essere utile per predire il decorso clinico del disturbo e la risposta al trattamento farmacologico (Song et al., 2014).
Dati pubblicati indicano che un terzo dei pazienti interrompe precocemente la terapia antidepressiva. Questo comporta spesso l’inutilità del trattamento e la ricomparsa della sintomatologia. Lo scopo di uno studio è stato quello di valutare se la somministrazione della paroxetina in gocce possa incrementare l’aderenza al trattamento a lungo termine.
71 soggetti affetti da disturbi dell’umore o da disturbo di panico sono stati monitorati per sei mesi. Il campione dello studio è stato diviso in due gruppi: 33 pazienti (appartenenti al gruppo di controllo), i quali hanno mantenuto la propria terapia in compresse di paroxetina e 38 pazienti (appartenenti al gruppo caso) i quali hanno modificando la formulazione del farmaco assumendolo in gocce. Sono stati valutati parametri clinici tramite strumenti testologici e dai risultati solo i pazienti che assumevano il farmaco in gocce hanno mostrato un miglioramento significativo e progressivo della sintomatologia. L’età, la formulazione e la qualità della vita hanno avuto un notevole impatto nell’aderenza dei pazienti al trattamento. Dallo studio sembrerebbe emergere una differenza significativa in termini di auto-percezione della qualità della vita e di efficacia farmacologica nei pazienti in trattamento con paroxetina in gocce. Le gocce permetterebbero al paziente una titolazione del farmaco più graduale e, in caso di terapia di mantenimento, la somministrazione del farmaco più volte al giorno.
La formulazione in gocce, quindi, sembrerebbe ugualmente efficace rispetto a quella in compresse ma permetterebbe al paziente di essere più aderente alla terapia in corso (Zanardi et al., 2013).
Riferimenti bibliografici:
Oh JY et al (2015).Plasma catecholamine levels before and after paroxetine treatment in patients with panic disorder. Psychiatry Res. 225(3): 471-5.
Song HM et al (2014). Clinical characteristics of the respiratory subtype in panic disorder patients.Psychiatry Investig. 11(4): 412-8.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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