Depressione, disturbo bipolare e demenza senile
Una cura mirata per l’anziano depresso.
Il disturbo bipolare è un disturbo cronico del tono dell’umore caratterizzato da episodi depressivi intervallati da episodi di elevazione del tono dell’umore. Questo disturbo, insieme alla Depressione Maggiore, è presente in un considerevole numero di adulti (più dell’1%). Anche se i tassi di prevalenza di episodi affettivi negli anziani sono più bassi (fino allo 0,1%), negli ultimi anni si è assistito ad un significativo aumento dell’incidenza del disturbo negli anziani residenti in ambienti protetti, come case di cura ed ambienti ospedalieri, dove i tassi di prevalenza possono arrivare al 10%. Il disturbo bipolare degli anziani è un disturbo eterogeneo: la sua eziopatogenesi è molto complessa.
Il disturbo bipolare può essere diviso in due distinti sottotipi: il disturbo bipolare con esordio tardivo e con esordio precoce. I pazienti con esordio tardivo tendono ad avere una malattia più lieve in termini di gravità maniacale ma hanno disturbi più gravi afferenti all’area medica (prevalentemente cardiovascolari) e neurologica (come ad esempio demenza o ictus). Dagli studi di neuroimaging (risonanza magnetica) si evidenziano alterazioni della sostanza bianca (un aumento dell’iperintensità), fornendo un’ulteriore prova dell’insorgenza in questi soggetti di una malattia cerebrovascolare. Il trattamento del disturbo bipolare in età avanzata si basa su linee guida elaborate per pazienti bipolari più giovani. Per trattare i soggetti anziani, invece, sembrerebbe fondamentale utilizzare potenziatori cognitivi e/o strategie di prevenzione vascolare. Il disturbo bipolare ad esordio tardivo è probabilmente un’entità diagnostica distinta, in quanto ha una diversa presentazione, eziologia e quindi forse necessita di diverse strategie di trattamento (Vasudev & Thomas, 2010).
Utilizzando il Taiwan National Health Insurance Research Database sono stati valutati 2291 pazienti di età superiore o uguale a 55 anni (1946 pazienti affetti da Depressione Maggiore e 345 pazienti affetti da disturbo bipolare). Tra il 1998 ed il 2008 sono stati arruolati, inoltre, 2291 controlli di pari età e sesso. Tutti i soggetti partecipanti allo studio sono stati seguiti fino alla fine del 2011. Sono stati successivamente individuati i soggetti che hanno sviluppato demenza nel corso del follow-up.
Dai risultati è emerso che i pazienti con disturbo bipolare e con Depressione Maggiore avevano un aumento del rischio di demenza in età avanzata. Sono state eliminate variabili confondenti come dati demografici e comorbilità mediche. I pazienti con disturbo bipolare, inoltre, presentavano un rischio maggiore (dell’87%) per lo sviluppo successivo di demenza rispetto ai pazienti con Depressione Maggiore. Gli individui di mezza età con disturbo bipolare o Depressione Maggiore, pertanto, sembrerebbero associati ad un elevato rischio di sviluppo di demenza in età avanzata (Chen et al., 2015).
Il meccanismo alla base dell’insorgenza della demenza nei pazienti con disturbi dell’umore consisterebbe nell’interazione di diversi fattori, tra i quali le malattie vascolari e l’aumento dei glucocorticoidi. Nelle ultime ricerche si suggerisce, pertanto, che l’insorgenza di demenza può essere prevenuta o ritardata proprio attraverso il trattamento della ricorrenza degli episodi affettivi nella depressione e nel disturbo bipolare. Oltre a prevenire e a trattare il disturbo dell’umore, inoltre, sembrerebbe fondamentale la gestione dei fattori principali della vita quotidiana, come la dieta e l’esercizio fisico. Recentemente è stata suggerita la possibilità di effetti preventivi sulla demenza esercitati dall’utilizzo da parte dei pazienti depressi o bipolari di antidepressivi e stabilizzatori del tono dell’umore (come ad esempio il litio) (Baba, 2016).
Riferimenti bibliografici:
Baba H (2016). [Depression and Bipolar Disorder: Risk Factors and Potential Prevention of Developing Dementia]. Brain Nerve. 68(7): 753-65.
Vasudev A & Thomas A (2010). ‘Bipolar disorder’ in the elderly: what’s in a name? Maturitas. 66(3): 231-5.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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