
Disturbi d’ansia e sintomi cognitivi
Recentemente i social network e le principali riviste online hanno citato uno studio, realizzato in Canada da un gruppo di studenti, dal quale emerge che gli individui ansiosi sarebbero mediamente più intelligenti rispetto ai soggetti privi di sintomi di disagio psichico. Secondo tale studio la capacità intellettiva superiore riguarderebbe l’area linguistico-verbale, in quanto l’ansia, esattamente come la depressione, comporterebbe una iperattivazione cognitiva con una conseguente migliore capacità di esprimere le proprie idee.
In realtà le reazioni ansiose incrementano le funzioni cognitive solo quando sono fisiologiche e finalizzate a fronteggiare un pericolo o a superare un ostacolo.
I disturbi d’ansia, esattamente come i disturbi depressivi, includono generalmente sintomi cognitivi cronici che compromettono il funzionamento quotidiano dell’individuo. Tra questi si possono citare: deficit di attenzione, difficoltà di concentrazione, ruminazioni ossessive seguite da un marcato senso di astenia. Talvolta negli individui affetti da disturbi ansiosi o depressivi può essere presente insonnia che compromette ulteriormente la performance cognitiva e fisica del soggetto.
Negli individui anziani che soffrono cronicamente di ansia, depressione ed altri disturbi psichiatrici, possono svilupparsi forme di demenza. Negli ultimi anni sono stati pubblicati studi sull’effetto dei sintomi d’ansia sul rapido declino delle funzioni cognitive in pazienti con deterioramento cognitivo. In uno studio realizzato su 682 individui con diagnosi di demenza o deterioramento cognitivo, il 43% dei partecipanti (ovvero 138) avevano sintomi psichiatrici nel mese precedente la diagnosi, come depressione, apatia e irritabilità. 372 soggetti avevano almeno un sintomo psichiatrico all’esordio della demenza. I sintomi psichiatrici, quindi, sembrerebbero comportare gravi conseguenze sul funzionamento cognitivo (Lyketsos et al., 2002).
Più di recente il ricercatore tedesco Thomas Frodl ha comparato il cervello degli individui affetti da depressione (con eventuale comorbilità ansiosa) con il cervello di soggetti sani. Le aree alterate nei soggetti depressi, osservate dal ricercatore per 3 anni, sembrerebbero collocate nell’ippocampo, giro del cingolo, corteccia prefrontale ed orbitofrontale. Le aree corticali frontali sono coinvolte nella fluenza verbale e la presenza di disturbi ansioso-depressivi, soprattutto se cronici, potrebbe comportare un impoverimento delle funzioni linguistiche e non un miglioramento. Le ruminazioni ossessive comporterebbero poi un impoverimento delle capacità di problem solving degli individui in quanto favorirebbero la polarizzazione dell’attenzione su specifici contenuti (Hellerstein, 2011).
Come evidenziato da numerosi studi pubblicati i disturbi d’ansia rappresentano, perciò, un “campanello d’allarme” sulla presenza di un disagio psichico complesso che va valutato, trattato precocemente per impedirne la cronicizzazione e per migliorare la qualità della vita di ogni giorno.
Riferimenti bibliografici:
Hellerstein D (2011). Depression and Anxiety Disorders Damage Your Brain, Especially When Untreated. Heal your Brain.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni

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