
Prognosi di chi soffre di disturbo evitante di personalità
Nel disturbo evitante di personalità una maggiore attivazione dell’amigdala può essere regolata dalle terapie psicologiche e/o farmacologiche.
ll disturbo di personalità evitante è caratterizzato da ansia pervasiva e paura di critiche, disapprovazione o rifiuti. Il disagio, tuttavia, emerge specialmente in previsione dell’esposizione a situazioni sociali.
Il disturbo, come altri disturbi della personalità, non ha una prognosi molto favorevole, a causa della presenza di alterazioni neurobiologiche specifiche sulle quali va ad agire l’ambiente.
Sarebbe molto interessante capire in modo approfondito se l’ansia dei soggetti evitanti sia associata o meno ad una ridotta capacità di impegnarsi in strategie di regolazione emotiva in previsione e durante la valutazione di stimoli sociali negativi. Alcuni ricercatori hanno provato a farlo.
Una ricerca, infatti, ha esaminato l’uso di una strategia di regolazione emotiva adattativa in soggetti evitanti. Gli studiosi hanno valutato le differenze individuali nei livelli di ansia di stato e di tratto, l’affettività riferita e le misure dell’attività neurale. 17 pazienti evitanti e 21 partecipanti sani di controllo sono stati reclutati, sia in previsione che durante l’esecuzione di un compito di rivalutazione.
Gli evitanti hanno mostrato una maggiore ansia rispetto ai partecipanti sani. Inoltre, rispetto ai partecipanti sani, i pazienti evitanti hanno mostrato una iper-reattività dell’amigdala durante l’anticipazione di situazioni sociali. Questo effetto di iper-reattività, inoltre, è stato positivamente associato all’aumento dei livelli di ansia auto-riportati.
Questa attività esagerata dell’amigdala potrebbe riflettere l’ansia per l’imminente necessità di valutare una situazione sociale, l’ansia per la certezza di un’immagine negativa imminente o l’ansia relativa al controllo anticipato delle risposte al compito da parte degli sperimentatori. Sebbene si creda che tutte queste possibilità siano coerenti con la fenomenologia del disturbo evitante di personalità, ricerche future potrebbero chiarire questa ambiguità.
Questi risultati, pertanto, suggeriscono che la reattività dell’amigdala, in previsione di ricevere informazioni sociali negative, può rappresentare una componente chiave dei meccanismi neurali dell’ansia nei pazienti evitanti.
Come si cura l’ansia dei pazienti evitanti?
L’ansia è una risposta adattativa che promuove l’evitamento di un danno. Allo stesso tempo, però, l’ansia eccessiva costituisce il disturbo psicologico più comune. Migliorare l’efficacia dei trattamenti psicologici e farmacologici è, tuttavia, difficile senza conoscere in modo approfondito le basi neurobiologiche dell’ansia.
Esiste innanzitutto una distinzione tra paura e ansia. Alla base dell’insorgenza di quest’ultima c’è un’attivazione delle regioni sottocorticali e delle loro subunità ovvero il nucleo della stria terminale, l’amigdala e l’ippocampo. Fondamentale per il mantenimento dell’ansia è, inoltre, la connettività di queste aree alle regioni corticali quali la corteccia dorsale mediale o laterale prefrontale/cingolata e l’insula. Questo circuito può essere modulato dai trattamenti attuali e, pertanto, nonostante la prognosi non sia delle migliori, il disturbo in molti casi può essere controllato in modo efficace.
Riferimenti bibliografici:
Robinson OJ et al (2019). The translational neural circuitry of anxiety. J Neurol Neurosurg Psychiatry.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni

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